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"Libro di Habbo" "Le chiavi della vendetta" Ep.5 Lo spirito guida - Versione stampabile

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"Libro di Habbo" "Le chiavi della vendetta" Ep.5 Lo spirito guida - _Hanon_love - 05-21-2021

Non poteva piangere, poteva solo osservare ciò che era diventato, un ammasso di pelle e ossa, ormai privo di vita, un corpo lasciato su quella barella ancora per un po’, mentre suo padre riversava le sue lacrime sul suo busto, mentre con una mano tratteneva quella pesante valigetta che gli era stata data dal Preside dell’onorevole scuola dei misteri e dei sotterfugi. Era uno spirito, in una realtà buia, annebbiata, libera dai pesanti ed esaltanti colori, svincolata dai sentimenti, da ogni possibile gioia, felicità: ciò che era positivo era come svanito, non c’era spazio per sentimenti futili ed alienanti, o almeno, non c’era spazio per quelli che venivano considerati alienanti da un’anima buia, oscura, portatrice di sola ruggine, sangue, ossa.
 
Edo: <<Ho distrutto anche quel poco che mi era rimasto.. Papà come faccio a non notare quella valigetta, come faccio a considerarti buono e accorto con me.. COME FACCIO! Mi hai tradito, mi hai venduto come se fossi una merce di scambio per i tuoi sporchi vizi e sperperi!! Mi hai utilizzando quando io ero già morto! CON QUALE CORAGGIO TI DEFINISCE UN PADRE?!>> -alzò la voce, echeggiante, già lontana di per sé, eppure, come una forza naturale che improvvisamente sprigiona la sua ira, così fu l’effetto di quelle parole: un vento impetuoso tempestò l’altra parte della morte e la realtà della vita, come un tornado pronto a portarsi via l’edificio possente, alto e sgargiante, mentre i bellissimi alberi di ciliegio smuovevano la propria chioma, con tutti i loro fiori che si staccavano, uno ad uno, costringendo i presenti a ritirarsi all’interno della scuola, fatta eccezione del padre di Edo, rimasto ancora vicino a suo figlio, ben presto tolto di mezzo in quanto bisognava trasportare il ragazzo a casa sua, raggiungere quelle quattro mura sudicie, povere d’affetto, spolpato dell’ultima nota d’armonia-.

Francesco fu allontanato dal corpo di suo figlio, rimase lì, in balia del vento, spostato in continuazione dalle possenti sferzate, con le lacrime che stavano per paralizzarsi sul suo viso dato il calo termico immediatamente percepito, ma nessuno osò avvicinarsi a lui, lo tennero distante, prima fra tutti il Preside d’Amico, tutti barricati dentro l’imponente edificio, riprendendo la normale attività quotidiana scolastica, come se non fosse successo nulla.

Edo: <<Mi dispiace papà..>> -e gli posò la sua mano sul suo viso ma nulla percepì, seppur questa fosse poggiata, non sentì il calore della sua pelle, quella sua barbetta pungente che sempre aveva detestato, arrivato a questo punto, avrebbe amato anche quella- <<Ho finalmente capito cosa sono, chi sono diventato.. Non sono pronto.. Non volevo davvero farlo.. Non volevo..>> -piegandosi a terra, piangendo disperato, lacrime piene di rimpianti, voglia di tornare indietro, rimediare all’irrimediabile- <<Che posso fare.. Non c’è più una via d’uscita.. La morte non lo è stata e io sono stato ingannato.. Non voglio questo.. Ti prego.. voglio tornare indietro!! AIUTO!>> -una risposta arrivò, una risposta falciante, rugginosa, sanguinaria, oscura-

???: <<Hai scelto tu il tuo destino perché rimpiangerlo?>> -Edo sentì una voce alle sue spalle, si voltò ma non vide nessuno- <<Dovevi sapere fin dal principio>> -stavolta alla sua destra, si voltò ma non c’era nessuno- <<Che la morte è una strada senza ritorno>> -a sinistra, si voltò, ma niente- <<Uno stupido sciocco bambino come te non può comprendere quanto sia esilarante vedere quanti umani come te arrivati qui, impiccati, sgozzati, sparati, infilzati, annegati, si pentono, arrivano a piangere come hai appena fatto tu come se non si conoscesse ciò che ci sta da questa parte..>> -davanti a sé e finalmente lo vide, salì dal basso verso l’alto il suo sguardo, vide le scarpe, lucide, nere, splendenti alla luce dell’oscurità, i pantaloni, perfettamente incalzati, limpidamente cadenti a terra, neri anch’essi; arrivò al busto, una giacca nera, semplice, una cravatta, semplice ma nera, un fazzolettino, anch’esso nero con un solo punto bianco; al passo successivo fu bloccato- <<Nessuno ha mai osato guardare il mio volto, appena notano il mio abito, nero come la pece, e tu non sei da meno, seppur non abbia capito chi io sia in realtà..>> -l’uomo notò che Edo continuava a fissare quell’unico punto bianco del suo abito- <<Oh questo.. Beh anche l’essere più malvagio di questo mondo deve possedere un punto di chiarezza nella sua vita, sempre se io abbia mai avuto una reale vita.. Ma non siamo qui per parlare della mia esistenza mancata, ma soltanto della tua ormai andata..>> -il ragazzo abbassò lo sguardo, ritornò nelle sue vesti sconsolate- <<Hai già fatto un macello neanche iniziato, ti rendi conto?>> -osservando il disastro provocato dal vento impetuoso che le urla, la rabbia, del giovane defunto avevano causato dalla parte della realtà vivente- <<Devi capire che ciò che fai qui si riflette nel mondo dei viventi, i tuoi sentimenti, la tua ira, tutto il male che hai dentro causa il male sulla Terra, altrimenti dove sta l’equilibrio? Ma a cosa è dovuta questa ira? Perché rimpiangi ciò che hai fatto, sentiamo?>> -e l’uomo attese una risposta da parte del giovane-

Edo: <<Mi sono suicidato perché ero stanco: stanco di vivere, di subire, di essere la vittima di turno, sempre e comunque, soffrire come un cane, sentirmi deriso ad ogni passo, ogni volta che camminavo per i corridoi di quella scuola non volevo far altro che piangere perché mi sentivo tutti gli occhi addosso, soprattutto gli occhi di qualcuno..>> -ma fu interrotto-

???: <<Non limitarti a futili dettagli che non interessano a nessuno, ma abbi il coraggio di fare nomi, ti sto solo chiedendo, da amico, chi è che ti ha fatto del male, forza!>> -il ragazzo mandò giù l’amaro e disse-

Edo: <<Diego, Erasmo, Naja, tutti, tutti mi hanno fatto del male, non c’è nessuno che almeno una volta mi abbia lanciato uno sguardo di disprezzo, di pregiudizio, un odio che io non capisco e mai capirò.. Questa scuola mi ha portato alla morte, il Preside, i professori, ogni studente e il loro maledetto silenzio, tutti mi hanno ucciso..>>

???: <<Sento nelle tue parole la tristezza ma allo stesso tempo una rabbia incontenibile.. Sei un ragazzo speciale, mi colpisci, eppure ormai sei morto e cos’hai concluso? Renderai soltanto polvere il tuo corpo e vento la tua memoria, passa e se ne va. Quel tuo gesto che all’apparenza sembrava l’unico, era in realtà il più stupido che tu potessi fare..>> -Edo stava quasi per piangere, riconosceva la verità delle parole dell’uomo, voleva tornare indietro, riavvolgere il tempo e rimediare al danno fatto a sé stesso, ma chiedere l’impossibile non è umano, seppur qualcosa si potesse fare- <<Voglio aiutarti, voglio evitare che continui a spargere lacrime in questa landa desolata, rischi di dare vita a queste piante morte con la tua stupida acqua sgorgante, perciò facciamo un patto: avrai la tua vendetta, ogni tuo desiderio, l’impossibile a cui gli uomini aspirano, fallendo, ma almeno hanno il coraggio di proiettarsi oltre ciò che si conosce materialmente, io posso garantirtelo, posso garantirti la vendetta che desideri, posso assicurarti un appagamento dell’anima senza fine, l’unica possibilità che ti è rimasta per porre fine ai tuoi tormenti e smettere di versare stupide lacrime inutili, in cambio voglio semplicemente un premio, da parte tua, un qualcosa che solo e soltanto a te appartiene e che solo tu puoi darmi..>> -era una proposta curiosa, allettante, almeno all’apparenza, che attirò sicuramente l’attenzione del giovane defunto il quale chiese-

Edo: <<Cosa sarebbe questo “premio” che dovrei darti?>> -ingenuamente disse-

???: <<Tutto a tempo debito, dirti immediatamente ogni singolo dettaglio del nostro patto è come mangiarsi la torta di compleanno prima della festa. Ogni cosa arriverà ma bisogna rispettare delle regole, seppur io personalmente le odi, ma non rispettarle potrebbe roviniamoci la festa subito! Ora la domanda che invece necessità di una risposta da parte tua è: accetti?>> -era la sua occasione, aveva a portata di mano la possibilità di vendicarsi, dare un senso a quella sua morte insensata di per sé, ma quale miglior modo per realizzarsi, fare ciò che in vita non era riuscito a fare, se non la vendetta? Distruggere, annientare coloro che tanto lo avevano odiato, coloro che, inspiegabilmente, covavano un odio indiscusso, forse antipatia, forse ribrezzo, chissà di cosa si trattava, ma ad Edo non interessava scoprirlo, ormai non importava più, alla sua vita era stato posto un freno e perché non impedire la realizzazione anche a coloro che tanto male gli avevano fatto?-

Edo si alzò in piedi, seduto a terra precedentemente, si asciugò le lacrime che avevano bagnato quel suo viso, quella carne ormai morta, destinata alla putrefazione, rifletté sul da farsi, sul come esprimere il suo consenso, sull’effettivo futuro che si sarebbe prospettato dopo quel patto: si sistemò la grande calzata felpa verdognola, e porse la mano all’uomo oscuro, con il volto invisibile agli occhi del ragazzo, nero come la pece, il quale, con l’altrettanta mano oscura rispose al gesto del giovane, la strinse. Un freddo gelido, scottante paradossalmente, sentì trapelare in tutto il suo corpo, la prima sensazione, la prima dopo il dolore della morte che aveva provato, quell’occlusione soffocante delle vie aeree che gli impedivano di emettere respiro, gli impedivano di tornare indietro, e quella maledetta scala ormai caduta che non poteva più essere ripresa, come se questa segnasse l’allontanarsi della vita e l’avvicinarsi della morte.

Edo: <<Accetto..>> -strinse convinto la mano dell’oscuro signore e questo in conclusione aggiunse-

???: <<Iniziamo le danze!>> -una nebbia nera si generò dalla sua dissoluzione, offuscando la vista del giovane, la quale andò a circondare il giovane, creando dentro quel piccolo spazio occludente una visione totalmente buia, tempestata da fulmini, rumori fastidiosi, molesti e disagevoli, provocarono in lui grande timore, titubanza-

Edo: <<Che sta succedendo?!>> -urlò in mezzo al suono e alla vista dei tuoni e dei lampi immersi in un forse cielo oscuro come la terra- <<Dove sei?! Basta!!>> -voltandosi energicamente a destra e sinistra, avanti e indietro, ma tutto ciò che vide fu sola oscurità immersa, abissale, iniziava a provare paura, il gioco era iniziata, non si poteva tornare indietro, aveva commesso lo stesso errore per la seconda volta- <<Adesso basta! Fermati!!>> -non capiva l’origine di quello scompiglio, non riusciva più a capire dove fosse, ma si sentì come trasportato da qualche parte, sollevato in aria, in una gabbia oscura, fatta della nebbia dell’odio e dei tuoni della paura, alimentata da Edo stesso, dal suo stesso cuore, dalla sua stessa volontà, dal suo racconto, dai suoi sentimenti, da ciò che aveva raccontato e da ciò che stava provando in quel momento, tutto raccolto come in un piccolo cofanetto dall’uomo nero, dall’illusione infernale e scatenato contro lo stesso che l’aveva generato-.

Il giovane si sentì trasportare, spostato verso qualcosa che non conosceva, imprigionato poteva soltanto sottostare alla volontà della nube, come se questa avesse una volontà propria, e a grande velocità si vide catapultato all’interno della scuola, innalzato in aria, arrivando a toccare il soffitto dell’entrata principale, riuscì a vedere solo pochi tratti del luogo. La vista gli fu schiarita quando fu poi poggiato a terra, proprio sulla soglia interna della porta d’ingresso principale, la nebbia nera che lo avvolgeva si dissolse, neanche il tempo di focalizzare il luogo in cui si trovasse che fu inondato da un grande ed affluente gruppo di persone. Per paura di essere urtato, con un gesto alquanto naturale se fosse stato vivo, si restrinse per inserirsi tra una persona e l’altra, ma la sua struttura fisica glielo impedì, o almeno, parzialmente, la parte sporgente fu oltrepassata senza problemi dal flusso di persone, studenti tutti, e questo fece comprendere lo stato del suo corpo al giovane, invisibile a tutti, intoccabile anche da sé stesso.

Edo: <<Non possono toccarmi e io non posso sentire loro.. Sono un fantasma praticamente, ma questa..>> -osservando il lungo corridoio con altri ad esso affluenti, le pareti sudice, gli armadietti qualcuno più integro qualcun altro meno, ma sommariamente, il complesso, non poteva che riportare alla Justice Accademy, all’antica scuola che aveva ospitato la sua morte, eppure non riuscì a comprendere una cosa- <<Perché queste persone adesso entrano? Sono tutti di classi diverse, non è possibile che siano usciti tutti per delle attività all’aperto e poi indossano gli zaini, nessuno usa lo zaino quando si esce fuori scuola per una sola ora e poi si salutano, ad esempio quelle..>> -indicando col dito destro un gruppo di amiche agli armadietti- <<Si stanno abbracciando e salutando come ogni mattina..>> -una voce insidiosa, brusca nel suo intervento, interruppe il monologo del giovane e disse-

???: <<Come fai a sapere queste cose?>> -non c’era nessuno accanto a lui e nessuno dei viventi poteva vederlo e sentirlo, eppure qualcuno aveva parlato, aveva sicuramente sentito qualcuno pronunciare queste parole ed era riuscito a capire che non erano state parole dette nei classici dialoghi dei viventi, ma si sentiva la differenza fra il mondo dei morti e quello opposto-

Edo: <<Non so da dove provenga questa voce ma quello che so è per colpa di chi mi ha condotto alla morte.. E’ solo colpa loro se ero costretto a sentire e guardare la felicità altrui mentre volevo scomparire nel mio armadietto, in quel buco personale, per non essere visto e osservato da nessuno..>>

???: <<Ci riuscivi sempre? Nascondere quel tuo sederino non sembra cosa facile>> -disse mentre Edo continuava a camminare per tutto il corridoio cercando una specifica cosa che di lì a poco avrebbe rischiarito ancor di più le sue intenzioni future-

Edo: <<Quasi mai.. Erano più le volte che mi bullizzavano che le volte che riuscivo a sfuggire alle loro grinfie.. Era difficile non vedermi, le poche volte che riuscivo a non essere preso in giro era quando ero malato e stavo a casa, il restante dei giorni non facevo che essere preso di mira..>>

???: <<Che vita triste.. E come mai non sei riuscito mai a fermarli?>> -ma non gli lasciò il tempo di rispondere che si risponde da solo- <<Ah nono! Non dirmelo! Voglio scoprirlo insieme a te sennò non c’è gusto! Voglio godermi questa serie da spettatore! Eh?>> -vide che il giovane si era fermato proprio difronte ad uno degli uguali armadietti, che per lo spirito invisibile sembrava essere uno come tutti gli altri, con nessun particolare se non qualche graffio ben marcato sullo sportello-

Edo: <<Ero in primo quando feci quel graffio.. Scelsi di indossare delle unghie finte, sai quelle lunghe, ben visibili e colorate di rosso: non avrei dovuto mai metterle.. Mi assalirono prepotentemente non appena misi piede in questo stesso corridoio.. Fu l’inizio della mia eterna sfortuna ed angoscia portati avanti per tutti questi anni.. Mi picchiarono pesantemente, mi strattonarono come se fossi stato un sacco della spazzatura, ma per loro lo ero, tanto da sbattermi contro quest’armadietto, spezzandomi le unghie quando queste lo graffiarono. Non potevo presentarmi da nessuna parte quel giorno ormai, così tornai a casa a piedi, senza neanche chiamare mio padre, tanto non avrebbe risposto comunque, e finalmente piangendo arrivai dalla nostra vicina, forse la donna più gentile che io abbia mai incontrato e fu lei a sollevarmi un po’ il morale più che mai a terra..>> -lo scenario cambiò di colpo, come un rullino che si riavvolge, e ci si proiettò difronte ad una casa, un po’ malconcia, in legno bianco, un bel giardino proprio lì davanti, con due piccoli cagnolini che giocavano tra di loro, un bel porticato rigorosamente bianco anch’esso, una bella finestra larga proprio affacciata alla strada dalla quale però non era possibile vedere l’interno in quanto una tenda rosacea ne copriva la vista-

???: <<Però, carina questa casetta, un po’ piccola, ma per una signora sola, seppur giovane, credo sia una reggia, non credi anche tu?>> -il ragazzo stette in silenzio- <<Che c’è? Forse riconosci il posto?>> -eppure il tono non sembrava sorpreso o curioso, o almeno, non tanto da voler sapere se riconoscesse il posto, forse perché lo spirito non aveva bisogno di risposte, forse già sapeva tutto, ma l’idea di scavare dentro l’animo del ragazzo, lo intrigava-

Edo: <<Si.. Questa è proprio la casa di Gabriella, la mia vicina.. l’unica mia famiglia che mi è stata sempre accanto..>> -una lacrime solcò il suo viso, un’altra dopo tante che gli ricordarono cosa ebbe perso, cosa il suo egoismo gli aveva portato via e aveva portato via agli altri, cosa non potrà più rivedere e chi non potrà più riabbracciare, quei pochi che su questa Terra gli avevano voluto davvero bene- ...

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