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"Libro di Habbo" "I retroscena del Sol" Ep.40 Come fiori di Primavera

Scritto da _Hanon_love il 01/04/2021 alle 09:21

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Scritto da _Hanon_love

#1
VintoBadge 
Tutto finì. Lo spettacolo ebbe la sua conclusione ma la Band non aspettò la fine di questo, decise di abbandonare quel teatro, abbandonare quel luogo ricolmo più da brutti ricordi che da quelli belli: una giornata stremante, snervante, oppressiva. Tutti voleva solo ritornare a casa in santa pace, rimuovere tutto, ormai disinteressati dall’esito finale, dal vincitore, da chi avrebbe alzato quella coppa, l’interessa era svanito, scomparso. Al di fuori del grande teatro, James decise di chiamare per sé un taxi e lasciare la coppia da soli, ormai gli unici due che erano rimasti di una Band totalmente spaccata, fratturata in ogni punto, scomposta come non mai: erano arrivati al teatro grazie alla macchina di Gabriele, ancora lì quando i tre uscirono, perciò dovevano chiamare un taxi in modo che questo potesse condurli a casa. Non dissero neanche una parola, recuperare le proprie cose in camerino in un silenzio assordante, perpetuo e oscuro, fastidioso, ansioso, tutti imbarazzati, nessuno sapeva come ricominciare, di cosa parlare, di come parlare. Non si mosse aria. Al momento del saluto, questo non ci fu, James era profondamente cambiato, era spaventoso, tetro, chiuso, lasciò lì da soli le persone che fino a quel momento aveva elogiato, senza salutarli, senza voltare loro neanche la faccia ma solo le spalle. Entrò nel taxi da lui chiamato e chissà quando Vanessa lo avrebbe rivisto, ma non mettere la mano sul fuoco per quanto riguarda Kai: James era diventato imprevedibile. Kai e Vanessa guardarono il taxi di James allontanarsi, farsi sempre più piccolo, ma non potevano sapere che al suo interno il giovane ragazzo stava riversando le migliori lacrime, come un fiume in piena, come se tutto il dolore represso stesse uscendo in quel determinato istante. Guardando il finestrino, piangendo, pensando, forse troppo, ma era la sua ultima possibilità, l’unica via che secondo lui poteva essere percorsa, ormai giunti a questo punto: forse la sua decisione era stata plagiate dalle parole dei suoi ex amici, da coloro ai quali aveva voluto bene e sentirsi deridere proprio da loro, da quelli dai quali non ti saresti mai aspettato simili parole così spregevoli, disonorevoli, e da queste persone, simili gesti, simili parole ed espressioni, infliggono il doppio del dolore.

Il taxi della coppia li raggiunse: poserò i pochi bagagli nel cofano e salirono all’interno della vettura. Kai sul lato destro volgeva lo sguardo al medesimo lato, Vanessa al lato sinistro faceva la stessa cosa, ma quella situazione di distacco, separazione, amarezza, stentò a rimanere in silenzio, la comunicazione doveva esserci non per obbligo ma per necessità. Kai pose la sua mano su quella della ragazza, la quale percepì il suo calore, quella morbidezza avvolgente, quella mano, quel gesto, in quell’occasione le fu vitale. Voltarono entrambi i volti uno verso l’altra, Vanessa si avvicinò al ragazzo ed appoggiò la sua testa sul suo petto, mentre questo la avvolse nel suo abbraccio, sempre mantenendo le mani strette fra di loro, scambiandosi calore avvicenda, acquisendo quel qualcosa del quale entrambi avevano bisogno:

Vanessa: <<Kai..>> -attirando l’attenzione del giovane- <<Credi che gli amici e l’amore debbano stare fuori da ogni relazione professionale?>> -l’enigma del secolo-

Kai: <<Credo che..>> -appoggiando il mento sulla testa della ragazza fissando in alto, pensieroso ed espressivo- <<Sto iniziando a pensarci anch’io.. forse abbiamo sbagliato, non dovevamo congiungere l’amicizia, l’amore e il lavoro.. eppure è grazie a questa Band che siamo diventati amici, abbiamo consolidato il nostro legame, ma..>> -fu interrotto silenziosamente-

Vanessa: <<Ma è stata proprio la Band a distruggere ciò che aveva creato..>> -e un sì a malincuore provenne dalla bocca del ragazzone- <<Capire chi ha sbagliato e quando abbiamo sbagliato credo che ormai sia inutile, non cambierebbe certo le cose..>> -e Kai rispose-

Kai: <<Per niente.. Non faremo altro che rimuginare sul passato e pensare e ripensare agli errori, alle mancate parole e risposte, a ciò che potevamo fare e che in realtà non abbiamo fatto. Il passato non può cambiare, ma credo che il futuro sia migliore, o almeno ci spero..>> -avvolgendo ancor più calorosamente la sua amante tra le sue forzute braccia, accoglienti, rincuoranti, protettive, riuscivano a far sentire Vanessa protetta come mai non lo era stata, ma non per la loro muscolosa costituzione, semplicemente perché erano di Kai-

Vanessa: <<Ti sembrerà strano, eppure amo tutto ciò..>> -e un’espressione alquanto stranita ed interrogativa si presentò sul volto del giovane- <<Amo averti accanto, amo sapere di poter contare su di te, amo la figura che abbiamo fatto, amo la nostra complicità, il nostro carisma, la nostra fiducia reciproca, amo il tanto sentimento che c’è tra di noi seppur sia poco tempo che stiamo insieme, amo poterti abbracciare, sentire queste braccia possenti che mi proteggono, quando ti stringo le mani, calde, più grandi delle mie che le coprono, le avvolgono come fossero delle coperte che ti riscaldano in pieno inverno quando fuori c’è solo neve; amo poterti baciare, avere questo privilegio, invidiata da moltissime, data la tua incredibile bellezza che non è solo fatta di muscoli, ma anche di occhi, labbra, viso, e poi quella dentro.. Ho avuto il lusso di poterla conoscere da amica, analizzarla a fondo, poterla osservare e apprendere in territorio neutro, quando io per te ero soltanto un’amica, una componente della Band come le altre, una ragazza come le altre, ma appena mi hai portato quei fiori, con il tuo essere impacciato, timido, a volte anche buffo, eppure quel gesto, quella frenesia che leggevo nei tuoi occhi era un qualcosa di straordinario, ho amato fin da subito quello sguardo che prima di quel momento non avevo mai visto.. Nessuno prima di te mi aveva guardata in quel modo, a parte la mia famiglia quando mi vide nascere, ma quello possono solo raccontarmelo, io quella sensazione, quel tuo bagliore negli occhi l’ho visto, l’ho vissuto.. E nonostante tutto il male che ci scivola addosso, io sono sempre più convinta che insieme riusciremo a superare anche questo e tutto quello che verrà, perché ti amo! Ti amo e questo nessuno potrà smentirlo, nessuno potrà rompere questo legame! Proveranno a spezzarlo, frantumarlo in mille pezzi, ma nessuno ci riuscirà te lo prometto, te lo giuro su tutto ciò che di più chiaro ho a questo mondo! E ora devo farlo, non riesco più a resisterti..>> -si distolse dal suo abbraccio, si voltò verso il giovane fidanzato e lo baciò appassionatamente, come mai prima d’ora, e il ragazzo rispose al tempo stesso, rinchiudendola in un profondo abbraccio, baciandola, avvolgendola, pronti ad un’esplosione dinamica e focosa, diretti a concludere quella giornata meglio di come fosse iniziata, mentre il tassista faceva finta di nulla, continuando a guidare come se dietro non avesse una coppia in una piena esplosione ormonale-

Uno scossone da parte del giovane la come ristabilì nel mondo reale, distogliendola dal rifugio del suo subconscio:

Kai: <<Amore ti sei bloccata? Perché ami tutto ciò?>> -si era rifiutata nella sua testa, aveva riportato nella realtà della sua fantasia un discorso totalmente ideale, non esposto, e una situazione forse sperata dal profondo del suo cuore, aveva solo dato sfogo alla sua fervida immaginazione, aveva ricreato una realtà distorta, ideale e tremendamente invitante-

Vanessa: <<Oh non so..>> -il giovane non ci fece molto caso ed appoggiò la guancia sinistra sulla testa della fidanzata, ruotando la testa verso il finestrino intento a guardare i grandi grattacieli illuminati di Habbo City- <<..Sono una pazza perversa..>> -pensò, eppure autoconvincersi di non aver pensato quelle cose non le riuscì affatto bene- <<..Come posso arrivare a pensare di farlo in taxi? Ma Vanessa ci sei o ci fai? Sarà lo stress o.. AHHH! Basta! Vanessa finiscila! È il tuo fidanzato da qualche mese e tu già te lo vuoi portare a letto?! Sei veramente una stupida pervertita!..>> -pensò ancora, fortunatamente tutto rimase nella sua testa, mai uscì fuori e mai avrebbe dovuto permettergli di uscire fuori dal suo mondo-.

Ritornando indietro al Festival, esso si era perfettamente concluso, ormai ogni band, solisti e duo avevano fatto le loro performance ed arrivò il momento trepidante dell’assegnazione dei premi da parte della Giuria votante, oltre che dal pubblico da casa, in milioni sintonizzati in tutto il paese, considerando che la sola città di Habbo City raccoglieva circa 13 milioni di abitanti, giocandosi il ruolo di metropoli centrale dello stato dello Sluke, paragonabile in grandezza al Canada, con un numero di abitanti che andava superando gli 80 milioni. Il presentatore, vestito in tutto tiro, aveva ricevuto la fatidica busta portatagli da un suo collaboratore del backstage, inviatagli direttamente dalla Giuria, composta da ben 10 importanti impresari musicali ed importanti artisti di fama mondiale, di Habbo City e non solo. I premi che dovevano essere assegnati erano ben quattro: il primo, in ordine ascendente, era il premio della critica che venne riservato al solista Peter Murano, cantautore emergente del momento, già possedente di migliaia di followers su tutti i social, famoso a livello nazionale, ma già aveva cominciato a percorre i suoi primi passi al di fuori del solo stato dello Sluke prima del Festival, cercando di raccogliere a sé altri impresari del settore musicale; il secondo premio è quello dedicato alla cantante internazionale, famosa in tutto il mondo per la sua splendida musica Soul, Penelope Kantao, nata proprio ad Habbo City, originaria dell’Africa, i nonni, ex schiavi dello stato dello Sluke, padre professore all’Università di Amoby, metropoli dello Sluke, distante circa 150 km da Habbo City, alla facoltà di Medicina, mentre la madre, laureata in lettere moderne, casalinga, umile badante di casa, domestica se vogliamo concretizzare il tutto. Il premio “Penelope Kantao” è stato riconosciuto alla coppia in gara dei “Sakura”, di nazionalità Giapponese, un duo emergente nella discografia Occidentale, molto famosi nel proprio paese, ma poco conosciuti all’estero; il terzo premio, l’ultimo ad essere stato inaugurato rispetto agli altri più “datati”, è stato riconosciuto dalla cantante colombiana Shakira, la quale aveva assistito alla quinta edizione dei Festival di Habbo City (considerando che il Festival è esistente soltanto da 10 anni, quindi per un totale di 10 edizioni) e rimasta impressionata dalla bellezza dei cantanti in gara, dal talento e dal carisma che veniva trasmesso al pubblico in sala e a casa, le fu proposto di dare un proprio giudizio a quelle che erano stato le esibizione da lei viste nella semi-finale del Festival. La cantante votò un solista pop, John Patrison, ormai famosissimo a livello internazionale, e quel singolo voto, vocale e volatile però bastò per donare al cantante in questione il premio “Shakira”, certificato poi il giorno seguente e consegnato direttamente a Patrison in occasione della finale e della chiusura della Festival proprio dalle mani della sua indiretta creatrice quale Shakira. Il terzo premio in questione fu consegnato al trio di Zack-Kami-Gabriele per la perfezione vocale e la presenza scenica perfettamente sostenuta durante l’esecuzione dei loro due brani: la felicità c’era, la soddisfazione per essere riusciti a portare a casa almeno un trofeo era bella viva negli animi dei tre, ma la totalità del sentimento non ebbe occasione di essere ben espressa dato che il trio, o almeno i due componenti maschili aspiravano a qualcosa di meglio, ambivano al trofeo, alla coppa che sarebbe, di lì a poco, stata consegnata ai vincitori del Festival, che avrebbe garantito loro un grande e potente trampolino di lancio nella discografia musicale nello Sluke e non solo, data l’internazionalità degli impresari presenti quella sera.

Presentatore: <<Prima di arrivare a sancire il 10° vincitore del Festival di Habbo City, ci tengo a chiarire che purtroppo quest’anno, per una questione tempistica, è stato impossibile rimandare e dilungare il Festival per i classici quattro giorni. Abbiamo dovuto accorciare i tempi, siamo stati purtroppo costretti a farlo se volevamo anche quest’anno decretare un vincitore, insieme a quelli precedentemente citati: abbiamo anteposto la carriera di questi ragazzi al primo posto, sopra ogni cosa, abbiamo portato a termine i preparativi anche quest’anno solo per vedere poi in futuro brillare queste stelle, questi giovani che con la loro voce e il loro talento sono riusciti a sbocciare, come i fiori in Primavera, in un campo sempre verde e ben popolato quale quello dell’industria musicale!>> -e il pubblico in sala acclamò con un applauso le parole del presentatore- <<Adesso finalmente arriveremo a decretare il vincitore della decima edizione del Festival Internazionale di Habbo City!>> -la trepidazione si fece palpabile, la paura, l’ansia, il tremore erano come una massa d’aria sospesa sulle teste di ogni singolo performer che quella sera aveva cantato su quel palco, che ancora stava aspettando un premio, ancora le loro speranze non erano stato troncate, ancora i loro cuori di lì a poco potevano spezzarsi o scoppiare dalla gioia, di lì a poco molti sarebbero tornati a casa con le mani vuote e con il solo certificato di partecipazione, a confronto di uno solo, che sia solista, che sia un duo o che sia una band, avrebbe portato a casa quella coppa, brillante, dorata, con un microfono e delle note musicali incise sopra e con una scritta che avrebbe testimoniato in quale occasione quel trofeo fosse stato vinto-.

Il momento tanto atteso aveva raggiunto la sua fine, la busta del vincitore, dorata, con lo stemma del Festival inciso sopra, era stata consegnata nelle mani del presentatore e la coppa aveva fatto il suo ingresso sul palco, trasportata su un tavolino con le rotelle da parte di un uomo e di una donna, rispettivamente il direttore e la co-direttrice del Festival. La busta fu aperta, ogni cantante fremeva su quel palco, ognuno mostrava una propria espressione, diversa com’è giusto che sia, ma uguale nel sentimento: ogni faccia, ogni corpo, tutte le mani, gli occhi, si percepiva la gloria che di lì a poco ad ognuno sarebbe potuta toccare; di lì a poco quel sudore ne sarebbe falso la pena; di lì a poco tutte le accortezze per mantenere salda e fresca la voce sarebbero state ripagate; di lì a poco si sarebbe ricevuta una spinta così potente da gettare, il vincitore o i vincitori, a capofitto nel mondo della musica, nella reale difficoltà dell’industria musicale; di lì a poco si sarebbe pianto dalla gioia o dal fallimento, molti sarebbero usciti di lì, da quel teatro, con l’amaro in bocca, mentre solo uno avrebbe portato a casa il premio più invidiato di tutta Habbo City.

Presentatore: <<Dire quanto ognuno di voi abbia contribuito, quest’anno, a portare su questo palco la buona musica di cui noi tutti abbiamo bisogno, è scontato. Ci tengo a fare i miei ringraziamenti a voi, stelle emergenti, ringraziamenti che sicuramente sono condivisi anche dalla Giuria, dal direttore e dalla co-direttrice qui presenti, dal pubblico da casa, dal pubblico in sala, da ogni singolo dipendente che, non si rende visibile, ma popola questo backstage riuscendo a garantire tutta questa bellezza!>> -portando in avanti il braccio trascinandolo da sinistra verso destra, indicando la grande bellezza del teatro, in pompa magna, a lustro conciato grazie proprio agli interior designer, al reparto luci, agli abiti messi in scena grazie alle sarte, che in tempi record avevano tirato su dei vestiti incredibili adatti ad ogni singolo cantante, seguendo il proprio stile e il proprio gusto, fino ad arrivare ad ogni singolo addetto, senza di loro, senza nessuno di loro, la bellezza del Festival sarebbe sfumata in poche note musicali, senza base, senza luci, senza abiti lussuosi, senza arredamento scenico, senza trucco e parrucco, senza nulla che viene definito bello e perfetto- <<Passiamo adesso al vincitore..>> -dopo l’applauso di ringraziamento collettivo, l’ansia rifece la sua comparsa esasperante- <<Il vincitore della 10° edizione del Festival Internazionale di Habbo City...>> -silenzio tombale- <<è...>> -un respiro profondo e tutti trattennero il fiato, con una suspense che si fece opprimente, lacerante, asfissiante, ma finalmente tutto ebbe fine, qualunque fosse stato l’esito, almeno questo per alcuni- <<IL DUO DEI BETTER BABY!>> -coriandoli, petali, luci si accesero in modo esplosivo dopo la tenebrosa atmosfera ricreata, il pubblico si alzò in piedi applaudendo come non mai, soddisfatto, contento, acclamante, urlando il nome del duo vincitore, i concorrenti applaudirono e riconobbero la loro perdita, la possibilità di non poter stringere con le proprie mani quella coppa tanto desiderata era sfumata, ma ormai piangersi addosso non era fattibile, bisognava riconoscere il talento altrui ed acclamarlo, cercare di raggiungerlo-.

I coriandoli e i petali esplosi nel preciso istante in cui il presentatore ebbe decretato i vincitori, smisero di cadere sotto le note trionfanti di “We are the Champions” dei mitici Queen, ma i vincitori non si erano fatti vedere, non erano presenti, non stavano esultando sul palco, non erano corsi ad abbracciare la coppa e a sollevarla come i veri campioni. Furono cercati ma senza esito, o almeno, senza esito positivo: nessuno li trovò nel teatro, erano come scomparsi, andati via semplicemente, vuoti i loro camerini, nessuno sapeva dove fossero andati, non esisteva in manager o una semplice persona che potesse fungere da filo comunicante, quindi il presentatore dovette obbligatoriamente dare quest’altra bella notizia al pubblico in sala e da casa, seppur la sua sola volontà, in quel momento, era sprofondare nelle profondità del palcoscenico.

Presentatore: <<Mi scuso per l’inconveniente ma a quanto pare i vincitori citati non sono più in Teatro..>> -e un vociferare nel pubblico fece da eco allo stupore e meraviglia collettivo, tra i cantanti in gara, quello da casa, persino dei direttori, stupiti per la notizia ricevuta, mai successo in nessuna delle passate edizioni del Festival- <<Ora stiamo consultando il regolamento, ma credo..>> -volgendo lo sguardo a dei suoi collaboratori dietro le quinte che gli stavano comunicando il verdetto dopo il consulto- <<Si adesso mi danno conferma che il duo citato dei Better Baby è ufficialmente il 10° vincitore del Festival Internazionale di Habbo City, non vengono quindi considerati ritirati dalla gara in quanto hanno comunque fatto la loro esibizione e soltanto in quel caso, ovvero quello in cui non si fossero presentati all’esecuzione della performance, soltanto in quell’occasione sarebbero stati considerati esclusi dalla gara, ritiratisi per loro spontanea volontà..>> -la serata poi continuò con la chiusura finale del Festival, i discorsi del direttore Ascenzio e quello della co-direttrice Amanda, i ringraziamenti rinnovati da parte dei due, e poi la conferenza stampa tenuta insieme ai circa 50-60 giornalisti da tutto il mondo rivolta ad ogni singolo cantante in gara, tutto questo proseguendo fino alle 3:50 del mattino circa, mentre i due piccioncini ignari di ciò che fosse successo al Festival, senza neanche porsi la domanda di chi avrebbe vinto-.

Erano ben ritornati a casa di Stefania, dato che avrebbero dormito lì almeno per quella notte, in una casa vuota anche dalla presenza della stessa proprietaria dato che all’ultimo momento, ma solo dopo ne fece visione Vanessa, Stefania aveva inviato un messaggio all’amica dicendole che non sarebbe ritornata a casa dato che avrebbe dormito dai suoi genitori, poiché il padre della ragazza aveva avuto una crisi respiratoria e per sicurezza Stefania, dato essere infermiera, voleva comunque mantenere la situazione sotto controllo. Arrivarono a casa all’incirca all’una e mezza del mattino, assonnati ma non troppo, soprattutto Vanessa ancora scossa dal terribile ed erotico film mentale che si era fatta su Kai, prese la chiave lasciata sotto il tappeto dall’amica ed aprì la porta.


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