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"Libro di Habbo" "I retroscena del Sol" Ep.44 Cosa nasconde una ruga

Scritto da _Hanon_love il 12/09/2021 alle 10:49

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Scritto da _Hanon_love

#1
Roller 
Per Vanessa si trattava di un momento delicato, da sola in quella discussione familiare nella quale lei non c’entrava nulla, si sentiva a disagio, non capiva quali poteva essere le parole migliori da usare in quei momenti, non sapeva neanche se parlare o meno, ma Luisa la precedette, andandosene verso il bagno, si vedeva che era molto turbata, con i nervi a fior di pelle e fermarla o cercare di rincuorarla non poteva spettare a Vanessa, non avrebbe saputo gestire la situazione, troppo scomoda. Perciò rimase lì, da sola, continuando a guardare dalla finestra i giornalisti accaniti, seppur stavano iniziando a calmarsi, vedendo come dall’interno della casa non provenisse nessun segnale, stessa cosa fu per la folla di fan che aveva circondato la casa, grazie anche ai più responsabili tra loro che notarono la degenerazione che ne stava seguendo, perciò cercarono, chi più chi meno di fermare l’onda di persone che di lì a poco si sarebbe riversata sulle porte di casa di Kai.
Non avendo poi una chissà che confidenza con la madre del fidanzato, Vanessa decise di smetterla di aspettare che qualcuno si facesse sentire, notando anche che la situazione esternamente si stava evolvendo per le vie migliori, decise di raggiungere Kai che si era rinchiuso in camera sua, dall’altro lato della casa. Camminò nel silenzio più assoluto se non fosse stato per le poche voci esterne rimaste che facevano da lieve base sonora, si sarebbe sentita come un topo in gabbia: aprì lentamente la porta che precedentemente era stata chiusa in modo brusco dal ragazzo e lo vide lì, sul tappetino, intento a fare flessioni.
 
Kai: <<Crede davvero che la lascerò fare? In questa casa ci sono più ricordi che nella sua mente e vuole cancellarli così? Solo perché abbiamo vinto il Festival e ora dobbiamo accamparci da qualche altra parte, e dove me lo sa spiegare? Dal suo stipendio vuole tirar fuori anche l’affitto che in città costa un patrimonio?!>> -continuando con le sue flessioni, tra un fiato e un altro, con il sudore che iniziava a cadere giù per la punta del suo naso-
 
Vanessa: <<Kai cerca di capirla.. Vuole solo il tuo bene..>> -ma il giovane non ci stava, era arrabbiato e da arrabbiato rispose-
 
Kai: <<Quella non ha mai voluto il mio bene! Non l’è mai importato più di tanto di me! Se fosse stata per lei io non ci sarei neanche in questa casa, devo tutto a mio padre, altro che a lei! Ha sempre riservato un trattamento di favore a James e Miriam finché c’è stata, mentre io venivo trattato come se fossi la pecora nera della famiglia.. Ecco il bene che mi vuole! Gioire solo quando porto degli ottimi risultati a casa, per il resto solo offese e giudizi non desiderati, ecco la sintesi di Luisa!>> -la ragazza cercò così di continuare-
 
Vanessa: <<Io non posso giudicare né il tuo comportamento né quello di tua madre ma so che ha ragione purtroppo.. Ciò che la gente ha fatto oggi è pronta a farlo anche domani, dopodomani e da qui finché saremo qualcuno. Adesso finalmente si sono affievoliti gli animi ma nessuno ci assicura che andrà tutto bene nei prossimi giorni: al pari dei fan anche gli haters potrebbero prendere di mira la casa sapendo che tu la abiti insieme alla tua famiglia, riesci a comprendere la gravità della situazione? Non voglio essere drammatica o pensare solo al peggio però cerco di guardare in faccia la realtà nella sua brutalità..>>
 
Kai: <<Tu la fai facile non è casa tua, non ci sono tuoi ricordi qui, non ti appartiene nulla qui perciò te ne sbarazzeresti anche subito!>>
 
Vanessa: <<La questione non è sbarazzarsene o meno, è piuttosto preservare la sicurezza di te stessa e della tua famiglia!>> -ma il giovane era fermo e convinto che la sua decisione fosse la migliore e la più giusta- <<Allora, se non vuoi ascoltarmi, continua a stare qui e vediamo che succede. Può darsi che non succederà niente e te lo auguro ma se succede qualcosa non dare la colpa a me che non ti ho avvisato!>> -ma lui continuò con le sue flessioni senza rispondere alle parole della fidanzata-.
 
Intanto, dopo qualche altra ora passata da Kai, riuscendo a riappacificarsi per la piccola lite tra i due, Vanessa tornando a casa si ritrovò la madre tutta entusiasta, i fratelli altrettanto e il padre ripieno negli occhi e nel cuore di orgoglio per la sua “piccola bambina”, come amava chiamarla ancora seppur ormai diciannovenne, anzi li avrebbe precisamente compiuti tra una settimana. Il fratello più piccolo corse verso di lei abbracciandola fortemente al bacino, era quella l’altezza massima che riusciva a raggiungere, mentre la madre piangeva di gioia vedendo la sua unica figlia femmina finalmente maturata nei suoi sogni, realizzatasi nella sua carriera e con un’ampia strada professionale tutta in salita sicuramente, ma altrettanto sicure erano le soddisfazioni che quella vita le avrebbe regalato. Si abbracciarono tutti, chi con le lacrime, chi voleva trattenerle, chi con il cuore che viaggiava all’impazzata, chi pieno di domande per la giovane ragazza pronta a rispondere a tutto, a descrivere le emozioni provate e a parlare dei progetti futuri perché fermarsi adesso e accamparsi sugli allori non sarebbe stata una mossa saggia per un duo che improvvisamente si ritrovava sotto le luci dei riflettori. Entrarono in casa e continuarono i loro festeggiamenti com’è giusto che sia, in un forte e sentito calore famigliare, più che mai sentito: di lì in avanti la vita di Kai e Vanessa si sarebbe rivelata molto più impegnativa e piena di quanto fosse stato fino ad adesso, ricolma di spettacoli, esibizioni a destra e a manca, interviste ecc.. Una vita diversa sicuramente ma che rappresentava il gradino più alto nella loro entrata al successo, ora però la scalinata si sarebbe rivelata ancora più ripida dal successo fino al mantenimento dello stesso.
 
Spostiamo adesso lo sguardo verso un trio che proprio in occasione del Festival ebbe la sua inaugurazione: Kami, Gabriele e Zack. I tre furono sicuramente entusiasti di aver vinto il terzo premio della gara, ma l’amarezza per non aver ottenuto il fatidico trofeo fu tanta, molta, in quanto l’impatto sulla discografia dello Sluke si fece sentire ma non di certo all’altezza dei vincitori: furono in molte le case discografiche che iniziarono a contattare il trio, alcune richiedevano anche i singoli membri, chi Zack, chi Kami e qualcuno Gabriele, il meno ambito dei tre. I tre non erano insieme, si erano lasciato qualche ora dopo la fine del Festival, perciò le convocazioni, le chiamate importanti, le emozioni a freddo se le comunicarono per via telematica:
 
Kami: <<Raga! Notiziona! Una delle più importanti case discografiche dello Sluke mi ha contattata per un incontro stesso Giovedì! Ora la sto cercando un po’ sul Web per vedere insomma quali artisti ha sfornato e se ne vale la pena, ma mi sto convincendo sempre di più ad andare! Voi avete notizie?>> -scrisse la ragazza tutta emozionata sulla chat in comune che aveva con gli altri due-
 
Zack: <<Bello! Ma quale sarebbe?>> -scrisse il primo messaggio e poi continuò- <<Io ne ho due in lista ma sinceramente non so quale scegliere che mi consigliate? La Tecla oppure la Champion Song o c’è anche Omega Disco>> -concluse col secondo messaggio ma di lì continuarono solo in due, Gabriele non rispose a neanche un messaggio ma l’euforia del momento non fece badare nessuno degli altri a questo dettaglio, conclusero normalmente poi la loro conversazione senza nulla aggiungere, ritornando a festeggiare coi loro parenti, seppur per Zack non si rivelò molto festoso come momento..-
 
Il giovane ritornato a casa non trovò nessuno, la madre era uscita per qualche strano motivo insieme al padre del giovane, l’unica che trovò a casa, essendo figlio unico, fu la nonna sulla sua sedia a dondolo, lasciata nelle mani della badante. Zack corse verso di lei, entusiasta comunque per la sua uscita in tv e per aver vinto il terzo premio, meglio quello che niente, e glielo raccontò seppur lei non fosse totalmente cosciente delle parole che il nipote le riservò:

Zack: <<Nonna! Finalmente ci sono riuscito! Sono entrato ufficialmente nel mondo discografico con il Festival che c’è stato ieri! Adesso devo solo pensare a quale casa discografica affiliarmi e pattuire il contratto e posso dire di essere effettivamente un cantante emergente agli inizi della sua carriera!>> -la guardò teneramente, la vide sorridere e guardarlo negli occhi, occhi stanchi, pronti a chiudersi, dilaniati dal male che si portava dentro, come il resto del suo corpo che al passare dei giorni tendeva alla lacerazione- <<Sei contenta vero? Realizzerò per te i tuoi sogni, quelli che avevi da giovane e dei quali mi parlavi sempre, con le lacrime agli occhi, perché sono rimasti nel tuo cassetto segreto e che custodisci nel tuo cuore..>> -e l’anziana donna indicò faticosamente il suo cuore con la gracile mano- <<Si si, proprio lì, perché questo>> -indicando il cuore della donna- <<E questo..>> -indicando il suo- <<Sono uniti e non si spezzeranno mai..>> -continuando a guardarla negli occhi finché, con una voce sottile e molto molto bassa, l’anziana donna chiese al nipote di suonare per lei, intonarle la sua canzone, la stessa canzone che ogni giorno suonava senza mai stancarsi o tirarsi indietro, ovvero quella da lei scritta e arrangiata, una sinfonia che andava solo suonata ma che possedeva una forza emotiva oltre ogni immaginazione, in grado di essere trasmessa senza l’uso delle parole, ma con solo dei vocalismi con un range vocale molto elevato-.
 
Zack allora lasciò la mano della nonna e si accostò al suo pianoforte, la prima edizione della Habbo Luxury del 1927, comprato lavorando sodo come cameriera in uno dei bar del centro della città, pagandolo con solo i suoi risparmi perciò tenuto con cura in tutto il corso della sua esistenza e lasciato in eredità proprio al nipote Zack, l’unico. Si sedette, pose le mani sulla tastiera, sistemò gli spartiti e cominciò a suonare accompagnando le note ai vocalismi richiesti, sprizzando da tutti i pori il talento che ancora non era riuscito a far vedere a tutti, facendo anche emozionare l’anziana signora, rimasta seduta sulla sua sedia a dondolo, appoggiando il capo sullo schienale della stessa, ammirando la dolcezza e la soavità della melodia intonata dal nipote, chiudendo alcune volte gli occhi immaginando le emozioni della prima volta durante la quale si esibì nello stesso bar in cui ebbe lavorato per ben 10 anni, raccogliendo l’attenzione di tutti per il suo straordinario talento giovanile, ricordando come ogni singolo cliente quella sera la guardò, giovane, vecchio, uomo, donna, bambino, raccolse tutti a sé. Una lacrima scese lungo il suo rugoso viso, una lacrima di gioia ma anche di nostalgia, forse del risentimento per non aver rincorso fino in fondo i suoi sogni, per essersi accontenta quando non doveva osare, doveva combattere per ciò che lei amava: o forse perché soppressa dal mondo, da un universo chiuso, almeno ai suoi occhi, oppure per le parole laceranti delle persone che ebbe incontrate sul suo cammino, frasi disprezzanti, ricche di odio e gelosia, che ebbero un peso sull’anima ed il cuore della donna, un peso che si è portata dietro per tutti questi anni, ancora ancorato lì, con un’ultima catena che manteneva stretta fortemente l’anima della signora, come a non voler lasciarla andare. Quelle note, quella voce, erano un toccasana, una carezza al cuore, dolce mai azzardata, una leggiadria le trasmettevano che quasi era in grado di alzarsi e ballare, si immaginava così, ballare in quel grande salone vuoto di persone ma beato nella musica, con la gonnella che svolazzava di qua e di là, con il fisico portante e snello della giovinezza e la delicatezza dei movimenti di una étoile poi, improvvisamente, quel salone freddo e distaccato dall’atmosfera si trasformò in un bellissimo e sterminato prato di viole, i quali petali sembravano anch’essi seguire il ritmo della musica accompagnati dal vento caldo dell’estate dove un senso di libertà faceva da padrone. I folti capelli bruni della giovinezza animavano i piccoli e calanti movimenti della ballerina, a piedi scalzi, con la freschezza del prato che provenire dalle profondità terrestri e le carezze dei fili d’erba quanto più apprezzate. Un salto, da quanto tempo non saltava, non la si vedeva con un fermo immagine sospesa in aria con un accompagnatore che mai la prese ma che questa volta, nella sua testa dove il suo sogno doveva essere speculare a ciò che da ragazzina desiderava più di ogni altra cosa, la prese, la afferrò per i fianchi e la fece ruotare, mentre lei poté fermarsi ad osservare per qualche istante la natura sterminata e incontaminata che li circondava. Scese a terra e ricominciarono a ballare l’uno attaccato all’altra, due corpi come una cosa sola, una danza calma, tenera e romantica, con un uomo che volto non poteva avere se non quello dell’ormai defunto amante, il nonno di Zack, quello con cui non si sposò mai ma dalla quale relazione clandestina ne uscì il padre del ragazzo, una relazione che costò cara all’anziana donna, Matilde, costretta a subire frustrate “purificative”, insulti senza avere la possibilità di difendersi, ma soprattutto sentirsi privare del suo stesso figlio una volta che questo nacque solo perché un amore, quello col suo amante, così travolgente, non poteva esistere, non si poteva guardare al sentimento se il portafoglio non fosse stato pieno, non si poteva tener conto della volontà delle prime persone implicate, non si poteva essere davvero liberi. Quel ballo fu il riscatto, un ballo mai fatto nella realtà, perché mai ci fu un rincontro, le fu vietato, come le fu vietato, dai suoi stessi genitori, di cercare il figlio venduto a qualche famiglia di estranei, lontana dal loro paese, poté farlo solo dopo la morte dei suoi cari per via di un incidente, libera dalle catene almeno dalla loro parte seppur quelle del marito rimanevano ben saldate. Trovò il suo bambino, ormai cresciuto, forse troppo, all’età di 34 anni mentre lei ne aveva 52 con ancora molti anni della sua vita davanti a sé eppure non pensava a quanto poteva recuperare ma a quanto ebbe perso, quanto le costò quell’abbandono, quanto le costò l’accettazione da parte di suo figlio, padre di Zack, ancora però non aveva figli ma solo una relazione instabile, una storiella da poco, lo sarebbero state per molto tempo ancora finché non riuscì a incontrare poi la sua anima gemella, sua futura moglie e madre dei suoi figli. Matilde, l’anziana donna riaprì gli occhi ritrovando suo nipote proprio di fianco a lei, il quale si era preoccupato poiché aveva tenuto serrate le palpebre destando non pochi timori a Zack subito arrivato a pensare il peggio, con un volto sbiancato mentre quello della nonna era rifiorito con un sorriso, accentuato, sereno e ricreativo. Sempre con voce sottile e molto bassa disse la donna:
 
Matilde: <<..Grazie..>> -ed il nipote capì, sapeva la storia, conosceva il passato della sua amata nonna ed era contento di essere riuscito a farla rinascere, a farle rivivere quei momenti belli e calorosi che tanta felicità le portarono-
 
Zack: <<..Prego..>> -con gli occhi che gli brillavano, accostò la sua testa a quella dell’anziana signora che afferrò la mano del nipote, faticosamente ma lo fece, e richiuse gli occhi-...
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